martedì 8 novembre 2011

La banalità della perfezione

È stata una giornata perfetta. Lo pensavo domenica sera, seduta sul divano con il Socio a guardare la TV. E lo ripenso oggi, mentre la noia del martedì tesse la sua ragnatela pesante, e la voglia di lavorare sta sotto le scarpe.

Una giornata perfetta. Nonostante le notizie tragiche che arrivavano da Genova, dal Piemonte, dal napoletano. E nonostante non abbiamo fatto nulla di speciale.

Perfetta nella sveglia che non ho sentito, e che quindi mi ha lasciato riposare, ma mi sono comunque svegliata in tempo. Perfetta nel posto che ho trovato in chiesa, caso strano, nel mio frate preferito a celebrare. Perfetta nell'acquazzone che ho evitato per un pelo, entrando appena in tempo dal fiorista. Perfetta mentre me ne stavo in piedi sotto il portone, una borsa e un mazzo di fiori, ad aspettare lui mentre cercavo di non bagnarmi. Perfetta in un pranzo casalingo, in un pomeriggio pigro, in una lezione di danza. In una serata-divano-e-TV.

Quando sono tornata a casa, sono stata quasi contenta di non vedere nessuno; volevo tenermela ancora un po' per me, la mia giornata perfetta. Farla sciogliere piano piano in bocca come una caramella balsamica. Tenerla accesa a dispetto delle mille rogne di ogni giorno. Trovarle un posto sicuro, un angolino nascosto da cui tirarla fuori. Per riprenderla in mano nei giorni come oggi, e ricordarmi di quanto poco, in fondo, è necessario alla perfezione. FaziEditore mi ha appena segnalato una frase di Ennio Flaiano:  





Non sono d'accordo. Wonderland scriveva, qualche giorno fa: "Si diverte chi se lo concede". Forse, a volte, semplicemente non ci accorgiamo di quanto ci siamo divertiti, di quanto indimenticabile merita di essere quel giorno. Giusto per dirvi che domenica me ne sono accorta; prima o poi, imparerò a farci caso più spesso.

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